Vasile Ernu

În viaţă există lucruri mult mai îngrozitoare decît moartea BR Anna Ahmatova

În viaţă există lucruri mult mai îngrozitoare decît moartea
Anna Ahmatova
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Arhiva February, 2011

Dan Lungu, Gabriela Adamesteanu si Vasile Ernu, la Festivalul LibrInTerra, Italia

Duminică, 6 martie, la ora 16.30, la Teatru Comunal din Valperga, Italia (Str. Verdi, nr. 7), va avea loc o dezbatere pe tema „România: anii ’90”, la care vor participa: Dan Lungu, Gabriela Adameşteanu şi Vasile Ernu.

Moderator: Paola Zoppa

Traducătorul discuţiilor: Anita Bernacchia

Întîlnirea publicului italian cu scriitorii români va avea loc cu sprijinul şi colaborarea Institutului Român de Cultură şi Cercetare Umanistică din Veneţia.

Festivalul LibrInTerra a ajuns anul acesta la a III-a ediţie şi se va desfăşura în perioada 5-6 martie, în centrul istoric din Valperga, Italia.

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24 February, 2011
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GENERAŢIA ZERO a politicii româneşti îşi face Partid

Un text scris de mine pentru CriticAtac. Avem sau nu nevoie de un nou Partid???

O Fantomă bîntuie Generaţia Zero a României! Însă cine e Generaţia Zero şi ce Fantomă o bîntuie? Am numit Generaţia Zero a politicii româneşti, generaţia care a devenit activă, a început să intre în pîine în anii 2000, anii Zero (00) ai acestui secol. Adică, cea care la Revoluţie avea aproximativ între 10 şi 25 de ani (plus, minus cîţiva ani în cîteva cazuri de excepţie). Fantoma care o bîntuie este una legată de Putere. I-a venit şi acestei generaţii vremea să răspundă la întrebările esenţiale de tip rusesc: „Cine-i vinovat?” şi „Ce-i de făcut?”. Prima întrebare s-a născut dintr-o nemulţumire generalizată cum nu s-a mai întîlnit de pe vremea dictaturii ceauşiste; a doua decurge firesc din prima. Întrebarea politică românescă: „noi cu cine votăm?” nu mai este de actualitate pentru Generaţia Zero, căci aproape unanim s-a ajuns la concluzia tragică: nu mai ai cu cine vota, fiindcă toţi sînt o apă şi un pămînt. Deci, s-a închis un ciclu…. continuarea aici

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21 February, 2011
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Zdob & Zdub cinta Bella Chiao

Zdob & Zdub cinta Bella Chiao (aici pentru cine a uitat ce e Bella Chiao.. e si textul). Varianta aceasta aprtine  lui Garik Sukaciov (Neprikasaemie)… Z&Z pe postul National Rusesesc 1.

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14 February, 2011
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Nato in Urss. In memoria di un paese scomparso

Fuori le mura / lunedì, 14 febbraio 2011 / di Andreas Marcopoli

 “I soldi non ci interessavano, avevamo scopi di gran lunga più nobili, come l’uguaglianza, la fratellanza, la pace, la libertà.” Vasile Ernu


 URSS: Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Ma forse, per Vasile Ernu, Un Ricordo Sognato Sempre. Nato in URSS (Hacca), il nuovo libro dello scrittore rumeno, è infatti un concentrato di memoria e di ricordi sull’Unione Sovietica, scomparsa dal pianeta nel 1991, ma ancora viva nel cuore di chi in quella terra ci è nato, come lo stesso Ernu, scrittore e filosofo venuto al mondo negli anni ’70 in quella che allora era una delle due superpotenze del pianeta. Nato in URSS si propone innanzitutto di essere un libro diverso da quelli circolanti sul tema: lo stesso autore afferma che non deve essere preso come un libro ideologico contro o a favore del comunismo, ma soltanto come un mezzo in grado di esplorare la quotidianità e la vita di quello che è stato l’uomo sovietico: come si vestiva, come viveva, dove andava a scuola; tutto questo cercando di tralasciare per un attimo l’ideologia, la repressione, la politica.

                                                                             

Photo: Soldato sovietico innalza la bandiera dell’Urss dopo la conquista di Berlino.
 
E’ così che il lettore di trova immerso in un libro fatto di frammenti, senza ordine cronologico né pretesa di esaustività, dove i ricordi (esperienze realmente vissute dall’autore e non) la fanno da padrone, e dove la quotidianità dell’Unione Sovietica emerge in ogni suo aspetto.
Scopriamo che in Urss vi erano un’enorme varietà di alcolici, case dove vivevano più famiglie, pubblicità statali e prezzi stabili grazie ai quali i beni primari potevano essere accessibili a chiunque.
Un mondo diverso dal nostro e per molti aspetti agli antipodi: le file erano un momento dove conoscere persone e incrementare la propria conoscenza, la toilette diventava un luogo quasi sacro, il sesso era visto in maniera intimistica e gli eroi non avevano maschere o superpoteri, ma erano persone comuni, personaggi dei cartoni animati o personalità politiche di grande stampo (come Buratino, il Pinocchio sovietico, o il sempiterno Lenin).
Le stesse feste celebrate sono diverse: non il Natale cristiano, né il Thanksgiving Day americano, ma l’anniversario della presa di Berlino durante la seconda guerra mondiale.
Ernu ricostruisce nelle pagine del libro un intero mondo andato, riscopre un’Atlantide sommersa grazie al potere dell’inchiostro, ricrea “con tenerezza e nostalgia” l’atmosfera dell’Urss per farla conoscere a chi non c’era.

 

Photo: Usa e Urss: il mondo era diviso in due all’epoca della guerra fredda.

Nonostante l’ambizione a raccontare la quotidianità sovietica con una certa neutralità, Ernu sembra scrivere il libro con una penna in una mano e la bandiera rossa nell’altra: la memoria diventa l’elemento per offrire dignità ad un paese e ad un popolo intero che hanno visto, col crollo del muro di Berlino, la fine della propria esistenza e dei propri sogni. E’ ricorrente nel libro la dicotomia tra Usa e Urss, con lo scrittore rumeno sempre pronto a far notare le differenze tra i sovietici e gli americani, descritti semplicemente come “loro”. “Loro” che rappresentano i capitalisti, i “nemici”, gli uomini dalla visione del mondo totalmente diversa dai sovietici.

“Loro” così attratti dai beni di consumo al punto da distruggere il piacere più grande, quello di “possedere le cose ottenute con fatica”.
Ecco che Kasparov e Karpov negli scacchi (vero sport di massa in Urss), e Gagarin nella corsa allo spazio diventano quindi i simboli delle vittorie sovietiche contro i nemici a stelle e strisce, diventano gli eroi di intere generazioni di ragazzi. Ragazzi come Ernu, che solo quando vedono l’altro in faccia si accorgono che poi non era così dissimile da loro stessi.

 Oggi che la Cina sta corrodendo anche la superpotenza americana, Nato in URSS ripropone in parte un mondo manicheo ormai passato, dove Usa e Urss si contendevano il dominio del globo e dove, pur non sapendo dove fosse la verità, ognuno aveva la consapevolezza, a differenza di oggi, di chi fosse buono e chi cattivo. Un mondo dove Ernu tifava per i Neri, mentre l’intellettuale Kasparov giocava idealmente contro l’irrequieto Bobby Fisher.
Prima che quella regina di nome perestrojka desse definitivamente lo scacco matto al re: “Siamo stati educati così: a perdere, ma a perdere per mano nostra, non loro.”

Nato in URSS
Autore: Vasile Ernu
Traduzione: Anita N. Bernacchia
Casa Editrice: Hacca, 2010
Pagine: 323
Prezzo:  14 €

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14 February, 2011
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La 40 cu prietenii… e ca la 20…

Cheful de 40 (dar ca la 20 aproape) a iesit foarte bine. Londophonul e primitor. Au fost multi prieteni (vechi si noi). Unii din pacate nu au ajuns. Unii nici nu aveau cum sa vina… Au lipsit multi prieteni de la Cluj, Iasi, Chisinau, Moscova, Bruxeles… auleu de Canada nu mai zic…   Iata si citeva poze..

Velele mi-au adus un cadou mai antineoliberal…

(Jos miinile murdare de pe visul copilariei mele!.. scrie.. dar care o fi visul?)

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Erou al bucatariei socialiste (Bogdan Ghiu verifica reteta)

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  • Tiki&Viktoria&Teo studiaza Philosophy& Stuff (primit cadou de la Ionut…. prima noastra revista… eu nu mai aveam nici un numar). Prezent si Sociu.

 

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Ernu – cosmarul lui Lenin (cam asa s-ar numi lucrarea lui Laur… cadou)… in flancul drept Pralea&Branea: o parte din vechea echipa Philosophy&Stuff… Tikindeleanu e mai sus cu lecturile…

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 Au aparut Velele (Oana, Simona, Dana, Marina)… trikoul e mai sus, lampa pe masa… bekul lipseste..

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  •  A venit Ceburaska… eroul copilariei mele… CAdou de la Alexandrina… si in poze  pe linga El CHEburaska.. mai vedem pe Alexandrina & Nemasko

 

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  • The BASSA….. Familionul Zagura + Oleg Mutu + Oktav… Planeta moldova & CO se gruzeau pe undeva pe acolo… Bulat avea conversatii lungi tot pe acolo…

 

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  •  Pictorii si Lenin (Laurentiu Midvichi & Roman Tolici…. ) lucrarea lui Tolici am pus-o deja pe perete… “Kosmarul lui Lenin” mai asteapta.

 

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 Claude de pe la Paris, Pralea de prin SUA si Schiop din Ferentari… cum ar veni… constructie, deconstrcutie, marx & manele…

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 Olivotto, Dora & Rogozanu…cu  CriticAtac nu am poza ca nu i-am prins nicoadata impreuna… sedinta fusese pe la 17…

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Stanescu & Bulat… sigur discuta depre ultima traducere din Maestru si Margarita….

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Tolici & Fomilionul…. si Bulatika…

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La BBI e liubovi ca intotdeauana.. tantzuli nu a fost… sorry.. ne vedem la 50..

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Sedinta de partid… Vica&Boca& Oli.. se vede o barba a lui Bozo de la Cluj si un Mitos&Cosmin in departare

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Din 5 in 5 ani ne intilnim si cu Silvana

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ajunge cred… hai si Ernu&CHEburaska

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11 February, 2011
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Nato in URSS

Gianfranco Franchi, “Lankelot”. Gennaio/Febbraio 2011/Sab, 05/02/

«Se il mondo in cui siamo vissuti era centrato sulla repressione politica, quello di oggi si basa sulla repressione economica. Sono due facce della stessa medaglia. Entrambe ci controllano e ci riducono in sudditanza; cercano di trasformarci in schiavi e macchine che reagiscono a ordini prestabiliti. Entrambe ci lavano il cervello in maniera altrettanto perfida e ci alienano con altrettanta efficacia […]. I nostri compromessi di oggi sono identici a quelli che facevamo in passato». Vasile Ernu, artista rumeno classe 1971, nato e cresciuto sotto l’egida dell’Unione Sovietica, nell’allora Bessarabia, non ha dubbi: tornare a ricordare il passato suo e del suo popolo non è così atroce e disperante come si potrebbe pensare, è piuttosto ragione di una certa nostalgia. Nato in URSS (Hacca, euro 14, pp. 326), sua provocatoria opera prima, è il memoir di un quarantenne che scrive nella piena consapevolezza d’essere stato testimone di un regime totalitario che considera piuttosto «uno dei progetti più utopici dell’umanità»: di quel regime ha conosciuto apogeo e improvviso declino, in quel regime è stato cittadino orgoglioso.

Ernu si considera un «prodotto made in Urss», e ha nostalgia di casa: ma casa sua non più esiste. Per l’homo sovieticus non c’è più un luogo in cui tornare: il passato s’è fatto letteratura. Per questa ragione è appena meno sconcertante del previsto interiorizzare le pagine d’un testo che si propone come un romantico amarcord di qualcosa che per molti popoli è stato un incubo: è chiaro che Ernu non ha nessuna voglia di rispettare i milioni di morti caduti per mano della sua vecchia nazione, e non ha nessuna intenzione di rispettare la sofferenza di quei popoli, come il popolo ucraino, polacco, magiaro, afgano, come i popoli baltici, che hanno vissuto la perdita dell’autonomia o dell’indipendenza e l’esperienza della sovietizzazione come una parentesi terrificante. Ma Ernu non è uno storico. Ernu è un polemista. Ernu è un narratore non più giovane che ha nostalgia della sua adolescenza e della sua giovinezza, del mondo che ha conosciuto e di ciò che ha rappresentato, nel bene e nel male: degli oggetti che incontrava allora, e di cui si serviva, e dell’economia in cui era cresciuto e s’era formato, perché la trovava più onesta e giusta. «Oggi abbiamo sigarette, alcool, tanto da mangiare, ma è svanito il pathos, lo spirito sublime, lo spirito di giustizia. È diventato tutto una specie di vodka analcolica», scrive.

Un approccio lucido e onesto a questo libro pretende un lettore capace di guardare con la dovuta pietà, la dovuta intelligenza e la dovuta sensibilità a tutto ciò che è passato, è caduto, è morto: il lettore ideale di “Nato in Urss” non è un cinico, e non è un nostalgico. È un osservatore delle cose del mondo sensibile e ironico, curioso e onesto. A questo lettore piacerà leggere frammenti d’un’opera che può parlare a tutti, non soltanto agli ex comunisti, non soltanto ai socialdemocratici più sensibili a certe dinamiche e certe possibilità. Può parlare a tutti perché, ad esempio, ricorda quanto è bello e importante conquistare qualcosa passo dopo passo: è vero che il consumismo figlio del turbocapitalismo ci ha tolto uno dei piaceri più grandi, vale a dire «il piacere di possedere delle cose ottenute con fatica». È altrettanto vero, aggiungerei, che la possibilità di poter avere qualsiasi cosa a condizione di potersi indebitare è stata, da questo punto di vista, ulteriormente disastrosa, e in molti sensi. Ernu riesce, nella sua apologia del socialismo sovietico, a ricordarci quanto è importante non cadere nell’inganno della necessità dell’acquisto delle cose superflue: in un periodo di furibonda recessione economica come questo, i nostri compatrioti hanno bisogno di tornare a essere educati al culto dei sacrifici, delle fatiche, dei risparmi pur di avere il diritto di comprare qualcosa o di poter accedere a certi servizi più ludici che essenziali. Non solo: quando l’artista rumeno scrive che all’epoca «i soldi non ci interessavano, avevamo scopi di gran lunga più nobili, come l’uguaglianza, la fratellanza, la pace, la libertà, mentre l’accumulo di capitale era un intento meschino proprio della borghesia capitalista», ci ricorda quale può essere una visione del mondo più giusta e più sensata, e quali i principi su cui fondare un sistema diverso, in futuro. Peccato non siano stati quelli della sua Unione Sovietica, che tutto ha rappresentato fuorché un’oasi di pace e libertà, figuriamoci di fratellanza. Ma quei principi devono tornare a ispirare i nostri contemporanei. Diciamo, col filosofo Slavoj Žižek, che la scintilla utopica non può e non deve spegnersi, quali che siano le nostre convinzioni politiche: se i vecchi marxisti hanno pieno titolo di tornare a meditare sul loro passato, non per ripetere Lenin, ma per «ripetere i suoi tentativi mancati, le sue possibilità perdute», noi, che marxisti non siamo mai stati, abbiamo il dovere morale – e ne sentiamo la necessità sempre di più, ogni giorno che passa – di andare in cerca di nuovi paradigmi culturali, economici ed esistenziali improntati a principi nobili e più giusti. Più umani.

Vasile Ernu crede che il comunismo sia la soluzione, ancora adesso. Forse è questo il grande limite della sua ricerca e del suo pensiero: che rimanga uncinato a un passato antico, sbagliato e sanguinario. «Il comunismo si è fermato, non si è concluso», scrive, ribadendo che sono stati i sovietici a fermare il comunismo, e non certo gli occidentali. Diciamo che in più d’un frangente Ernu sprofonda nella sua visione da Homo Sovieticus. Un esemplare di Homo Sapiens leggermente diverso: diciamo così, un’altra razza. Questa: «Egli è una coscienza superiore, ne è fortemente convinto, per cui odia gli interessi meschini e materiali. Verità, Giustizia, Libertà, Sincerità sono ideali per cui darebbe la sua stessa vita. È una creatura complessa, le sue virtù non hanno a che fare con la morale, ma solo con gli ideali. Il suo presente è collocato nel futuro, futuro che non si intravede ancora». E poco importa se viva nell’era del capitalismo selvaggio: l’homo sovieticus non dimentica che il mondo va cambiato, e che il suo antico sogno può tornare a incarnarsi.
 
“Nato in Urss”, uscito in patria nel 2006, ha ottenuto diversi riconoscimenti: si va dal Premio dell’Unione degli Scrittori Romeni a quello della rivista România literară, sino al Premio Book Pitch alla London Book Fair nel 2007. Sin qua è stato tradotto in Russia, Bulgaria e Spagna; sta per uscire in Ungheria e Georgia. Una delle ragioni della sua fortuna sta nella sua onestà, e nella sua franchezza: Ernu non nasconde d’essere ciò che è, non rinnega e non abiura il suo passato o i suoi ideali, e dà vita a uno spaccato comunque degno di meditazione. Ma la ragione principe della fortuna dell’opera è nella sua poesia delle piccole cose della vita quotidiana d’una società sparita. È come se “Nato in Urss” fosse, come intelligentemente osserva la curatrice, Anita Bernacchia, un mosaico fatto di parole-concetto che hanno il sapore della «piccola madelaine»: sono i tasselli virtuali di una terra che non c’è più, ma è rimasta viva nella lingua e nella cultura dell’epoca. E allora avanti a riscoprire Gagarin e la sua parola d’ordine, le prime žvačka da masticare, i cocktail insegnati da quel pazzo di Erofeev: avanti in quegli anni Settanta, a guardarli da un’altra prospettiva. Quella in cui «il salame ce l’avevamo, lo pagavamo solo due rubli e venti, latte e kefir li avevamo, il pane costava poco, e di vodka ce n’era quanta volevamo. Eravamo nel periodo in cui il nostro unico avversario rimasto erano gli USA, e ci giocavamo la grande finale. Mancava tanto così e avremmo espugnato quest’ultimo bastione del male. Durante le feste bevevamo spumante Sovetskoe, mangiavamo arance, e la produzione di film era fiorente. Eravamo orgogliosi e felici della nostra Patria. Di tanto in tanto si profilava qualche problemuccio fastidioso, come il non trovare sempre posto al ristorante, e il fatto che per avere i mobili i nostri genitori dovevano iscriversi su certe liste d’attesa. Ma cos’era, poi, tutto questo, davanti ai nostri grandi risultati!». Già: nel periodo sovietico, la pubblicità coincideva sempre con la propaganda. Non vendeva prodotti, ma ideologia. Secondo Ernu, vendeva al suo popolo il proprio stile di vita: la propaganda, in altre parole, faceva pubblicità a sé stessa. Il risultato si può leggere in questo libro: made in Urss, ma negli anni Dieci. Del nuovo millennio.
 
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Vasile Ernu (Urss, 1971), polemista e scrittore rumeno, originario della Bessarabia.
 
Vasile Ernu, “Nato in URSS”, Hacca, Matelica, 2010. Traduzione di Anita Natascia Bernacchia. Copertina di Maurizio Ceccato.
 
Prima edizione: “Născut în URSS”, 2006.
 
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5 February, 2011
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Puterea eretică a literaturii

Paul Cernat / Revista 22


Aproape totul e derutant în acest insolit epistolar al lui Vasile Ernu şi Bogdan-Alexandru Stănescu. Sfidarea aşteptării cititorilor leneşi face parte din regula jocului. Sunt destui cei care, când văd pe copertă numele lui Ernu, fac imediat asocierea între o formulă eseistică ingenioasă şi o critică socială „stângistă“ sau „anti-anticomunistă“. Ei bine, deşi prezent pe ici-pe colo, nu amintitul ingredient se află în centrul volumului de faţă, ci pasiunea pentru literatură şi pentru forţa ei subversivă. Când spun subversivă am în vedere inclusiv conceptul de insolitare (ostranenie) pe care-l teoretizau formaliştii ruşi, acea „înstrăinare“ voluntară faţă de locurile comune ale gândirii şi ale limbajului. Las la o parte faptul că numai cine l-a citit prost pe eseistul nostru născut în URSS îl poate considera „nostalgic“ sau „utopic“ (în realitate, Ernu e un spirit critic profund antiutopic, fapt ce sare-n ochi şi în prezentul duplex).

Iscat în 2006, de Ziua Naţională a României, în ambianţa de la Hanul lui Manuc, dialogul său amical cu mai tânărul Bogdan-Alexandru Stănescu, fost coleg de redacţie la Polirom şi la fel de adict faţă de crema literaturii universale (de a cărei editare se ocupă, în ultimii ani, cu dedicaţie şi competenţă), s-a materializat şi în scris. El acoperă intervalul 2007-2010, fiind găzduit mai întâi în săptămânalul ieşean Suplimentul de cultură, apoi în Observator cultural şi în paginile Noii literaturi. Un interval cronologic dominat de evenimente electorale şi pasiuni politice aprinse… Ei bine, una dintre performanţele acestui epistolar jucat e de a slaloma – neevazionist! – printre jaloanele acestor evenimente, atingând, en passant, marote la ordinea zilei (de ex. Istoria critică… a lui N. Manolescu), pentru a ajunge la mizele ardente ale literaturii adevărate. Literatura ca deviere şi sfidare a previzibilului: ţara arde şi cei doi discută – şi se dispută – cu inteligenţă, pasiune, vervă şi umor despre „cine e mai mare“ dintre Gogol şi Joyce (pornind de la Cursurile de literatură universală ale lui Nabokov), despre bloomiana „anxietate a influenţei“ lui Dostoievski asupra autorului Lolitei, despre Platonov şi Bulgakov, Nadejda Mandelştam şi Vasili Grossman, despre Hagi Murad şi Moartea lui Ivan Ilici… Dar şi despre utopismul şi antiutopismul rus (marcat „colectiv“) vs. utopiile şi antiutopiile occidentale (marcat „individualiste“), despre puterea sau lipsa de putere a literaturii în comunism, democraţiile liberale şi islamism (v. mai ales secvenţele despre Rushdie şi ale sale Versete satanice, pentru a căror editare românească Bogdan-Alexandru Stănescu şi-a asumat riscuri reale acum câţiva ani). Oricum, editorul trădat din Bogdan-Alexandru Stănescu n-are deloc dreptate să se plângă, la final, de „antimarketingul“ cărţii („Care e publicul ţintă al unei asemenea cărţi? Mi-e teamă
că-i lipsesc consistenţa ideilor, sprinteneala subiectelor marketizabile (doi oameni care vorbesc despre literatură, vise, obsesii personale, totul pornind de la un pariu infantil) şi mi-e cel mai teamă că-i lipseşte o mirodenie esenţială vânzării: deschiderea, promisiunea unui viitor oarecare“). Tocmai acest „antimarketing“ asumat joacă în favoarea ei! Ataşamentul lui Ernu faţă de potenţialul „eretic“ al literaturii ruse leagă subteran duplexul epistolar de cărţile sale anterioare, Născut în U.R.S.S. şi Ultimii eretici ai imperiului, iar prefaţa lui Radu Cosaşu cade la fix: nici nu se putea un prefaţator-precursor cu o grupă de sânge literar mai compatibilă celor doi!

„Ceea ce îi desparte“ pe Ernu şi Bogdan-Alexandru Stănescu este evident mai puţin important decât ce îi uneşte, însă are meritul de a pune în mişcare angrenajul acestui dialog spumos, debordând de idei proaspete, incitante şi de spirit viu, neliniştit, atotproblematizant. „Orice aş face, văd că te sustragi textului şi evadezi în teorie, dacă nu chiar într-un dans aerobic în care nu te pot susţine. Poate cu ocazia asta am aflat ce ne desparte“, scrie la un moment dat Bogdan-Alexandru Stănescu despre un Ernu „posedat de contextul operei“ (cf. Radu Cosaşu). Prin comparaţie, Bogdan-Alexandru Stănescu se arată fascinat de abisurile „monstruoase“ ale „textului ca descindere în infernul oricărei frumuseţi“ (cf. aceluiaşi Cosaşu). El simpatizează, vădit, cu hiperartiştii Joyce şi Nabokov, în timp ce Ernu îi dă şah cu mai mult decât scriitorii Platonov, Bulgakov, Şalamov şi, desigur, Dostoievski. Altfel spus, Ernu evadează în sus, spre ideile generale, în timp ce Bogdan-Alexandru Stănescu coboară în măruntaiele particularului; primul e atras de transgresiunea „dincolo de estetic“, al doilea – de transgresiunea artistului pur.

De remarcat predilecţia ambilor pentru maeştrii subversiunii în şi prin literatură, ca şi pentru literatura care nu „face frumos“ în faţa Autorităţii, cu precizarea că Ernu se arată alergic îndeosebi faţă de locurile comune ale gândirii, în timp ce Bogdan-Alexandru Stănescu – faţă de cele ale limbajului. Însă speculaţiile istorice, politice şi filosofice ale lui Vasile Ernu au o mobilitate, o libertate şi o inteligenţă de-a dreptul „artistice“, în vreme ce imersiunile crude şi rafinate ale lui Bogdan-Alexandru Stănescu în dedesubturile operelor se încarcă de potenţial politic, alunecând din plasa „perversităţilor“ estete ale lui Nabokov în plin demonism dostoievskian. La urma urmei, de ce n-am putea interpreta suspecta aversiune a lui Nabokov faţă de „profeticul“ Dostoievski ca pe o exorcizare a propriei identităţi ruse? Mai departe: ambii epistolieri se întâlnesc în admiraţia lor pentru stranietatea lui Gogol, dar se despart, din nou, în privinţa posterităţii literare a autorului Sufletelor moarte. În plus, Ernu preferă să insiste mai mult asupra laturii de critică socială a operei gogoliene, asumată şi chiar recomandată ca model („…nu înţeleg de ce linia literară începută şi dezvoltată de Caragiale aproape că dispare odată cu el. Nu acelaşi lucru s-a întâmplat cu linia Gogol în Rusia, autorul de la care am început această discuţie“ – pp. 166-167), pe când Bogdan-Alexandru Stănescu se mulţumeşte să pedaleze mai ales pe latura estetică a conceptului de poştlosti (asimilat monstruozităţii kitschului „filistin“, mic-burghez).

Aceste „divergenţe“ benigne, cărora li se adaugă şi frapante diferenţe stilistice – Ernu: limpede, clasic, amuzat, BAS: manierist, pasional, mordant – conferă dialogului epistolar ritm şi suspense al ideilor, făcând din el deopotrivă stimul pentru recitiri revelatoare şi reconsiderări drastice, din mers, ale propriilor opinii. Pagini remarcabile sunt cele despre partea de umbră (dar… fără perdea!) a literaturii lui Joyce şi Nabokov, despre Cevengur-ul lui Platonov şi „inversarea“ destabilizantă a discursului utopic stalinist (nu întâmplător, cititorul său ideal, Iosif Visarionivici Stalin, a fost singurul care i-a înţeles mesajul, răzbunându-se în consecinţă!) şi, în general, tot ce are legătură cu literatura rusă clasică sau modernă, cu potenţialul ei critic, destabilizant, vizionar şi antiutopic. Miezul tare al acestui dialog rămâne însă, alături de sclipitoarele consideraţii despre Cevengur, scrisoarea lui Ernu intitulată Cum ar fi reacţionat Stalin la Versetele satanice (II). Ideea sa de bază ar fi că puterea literaturii e maximă în regimurile logocratice, guvernate de un discurs unic al Autorităţii, şi tinde spre zero în democraţiile liberale: „… Dacă limba (cuvinte, texte, directive etc.) este materialul de construcţie a politicului şi, deci, a comunismului, duşmanul lui se naşte exact din acelaşi aluat. (…) În lumea arabă, o lume cu adevărat religioasă (în sensul vechi al cuvântului), care, după cum spuneam, se întemeiază şi ea pe limbă şi unde orice iotă poate răsturna lumea, volumul are o semnificaţie politico-religioasă. În lumea occidentală, care este o lume prin excelenţă economică, unde limba are o valoare eminamente comercială, acest element «scandalos» a fost transformat într-o banală marfă cu o anumită conotaţie estetică“.

Chiar dacă Bogdan-Alexandru Stănescu mai comite câte-o inexactitate istorică („celebrul puci al lui Elţîn din 1993“, p. 100 – de fapt din 1991…) sau se lasă furat, incidental, de divagări oţioase, chiar dacă Ernu se complace câteodată în generalizări riscante, cartea oferă pe ansamblu spectacolul unui dialog captivant între doi cititori extraordinari, ca-n vremurile în care literatura însemna (şi) o cale regală de salvare a fiinţei captive, aservite, depersonalizate… E reconfortant faptul că în generaţia (încă) tânără mai există astfel de oameni pentru care literatura nu constituie un moft sau un fetiş pios, ci o problemă „de viaţă şi de moarte“, deschisă către toate azimuturile existenţei sociale şi individuale.

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4 February, 2011
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Cadou…

De ziua mea îmi permit să pun ce vreau….

Sînt 2 cîntecele din desenul animat cu Ceburaşka şi Crocodilul Ghena pe care le ascult de fiecare dată la ocazii din astea… scuze.. prietenii din copilarie nu se uită.. cu ei am crescut mare… (cu titrare engl)

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1 February, 2011
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